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VELLANO, UN BORGO ADDORMENTATO di Andrea

09/06/2020

a cura di Andrea Bartalesi

VELLANO – UN BORGO

Domenica mattina con Claudio e Sergio, spedizione podistica nella Svizzera …pesciatina. Destinazione Vellano, il borgo considerato la capitale di questa Svizzera, di queste due valli punteggiate da paesi come castelli.

Si parte da Pietrabona, proprio dove comincia la val di Forfora. Due macchine in tre, mascherina, come Conte comanda. Prendiamo subito per Vellano, subito la salita mitica per i ciclisti, ma di ciclisti nemmeno l’ombra. E’ troppo presto, sono le 7, loro, i ciclisti, hanno bisogno del sole per far esplodere i loro muscoli. Incontriamo subito Tiziana, in macchina, una podista simpatica vellanese purosangue e sappiamo che va a Montecatini per una gara virtuale. Ma le gare per me non possono essere virtuali, devi sentire il fiato dell’avversario che si spenge alle tue spalle, il sudore che ti cola lungo il naso e ti porta in bocca l’amaro del sale,

Vellano ci accoglie addormentato. Il sole, ruffiano, lo sta accarezzando e crea i volumi nell’alternarsi delle ombre, Si sale in alto, vogliamo la Rocca, vogliamo vedere dove abitava il padrone, stretti vicoli, archi e sottopassi, scalinate con corrimano, le ombre, che abbiamo svegliato si stiracchiano e sbadigliano. I gatti, ci guardano curiosi ma diffidenti, sono gatti. Uno dorme ma si vede che è un vecchio gatto, forse è dei tempi del Garzoni, nessuna altra anima che dimostri d’esser viva. Arriviamo sulla sommità, sopra di noi il cielo. E la rocca? Questa è la rocca, non ci sono torri, lo dice una signora luminosa che, macchiata dalle ombre di una pergola deliziosa, a un tavolo, sta facendo colazione come se pranzasse alla corte del re. Ci meravigliamo e lei, di rimando, se volete vi preparo un caffè. Bello, bellissimo, da baciarle la mano e invece, ringraziamo e torniamo per i vicoli, via di San Biagio, del Popone…negli stretti pertugi immagino i capelli sempre nuovi di Tiziana irrompere e illuminare le volte…

La chiesa di San Sisto, imponente, si staglia sotto e sembra indecisa, quasi voglia indicarci tutti i paesi arroccati sulle colline, Sorana, Aramo, Castelvecchio e lassù, in alto, Stiappa, Pontito…

Scendiamo rapidamente da Via del Traspo, è tardi, andiamo, ci troviamo al Ponte di Sorana, andiamo per gli orti. I germogli spuntano preziosi nella terra troppo umida. Da Sandrino anche il caffè sembra fatto con fagioli secchi macinati. Tutto ci parla dei fagioli di Sorana, siamo nel punto clou. Fuori un gruppetto, nemmeno tanto pochi, seduti sulle sedie, mascherina, uno parla, gli altri ascoltano, sembra il raduno nazionale dello Scoppietto. Mi sembra di sentir scoppiettare, mi fa ridere l’idea, ma c’è da salire a Castelvecchio, a San Quirico, c’è da tornare giù con la Val di Torbola, è ancora lunga. E i ciclisti si sono svegliati e riempiono le curve.

Alla macchina saranno 23 km e 4 ore e mezza di tempo, prendiamo le macchine e torniamo ai nostri pensieri quotidiani.