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NEL PARCO DEI DAINI A CERCARE LE FOLAGHE

22/12/2008

a cura di Andrea Bartalesi

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NEL PARCO FRA I DAINI E LE FOLAGHE
 
Domenica mattina arrivato a Staffoli pensavo che correre fa bene, sicuramente, ma correre in una mattinata ancora così fredda era da considerarsi accanimento terapeutico. Il caldo del capannone dove era fissato il ritrovo con i suoi mille fiati sembrava una enorme mangiatoia dove riscaldarci. Ci salutavamo volentieri e gli auguri scorrevano come birra in un saloon. Sotto il consueto arco del Comitato Pisano ci trovavamo per una partenza che non invogliava alla corsa, ma al ritorno verso la macchina, verso quel calduccio del letto lasciato anzitempo, ma poi capivamo che solo correndo potevamo superare il momento di crisi.
Partiti, dopo poche curve, fra profumi di maiali diffusi, scendevamo verso il Parco Naturale di Montefalcone che si incontra subito dopo le ultime case della cittadina. Nelle basse strade sterrate, fra muri di argilla e di erbe ghiacciate, l'acqua ci aspettava e saltellavamo scivolando per evitare, almeno, di bagnarci le scarpe. Mi aspettavo i cinghiali, cervi e daini ed invece pensavo alle folaghe. Cominciavamo a salire verso gli altipiani del Parco, il sole cominciava a rosseggiare all'orizzonte, ad accecare i nostri occhi assonnati, qualcuno se ne andava accelerando, qualcuno rincorreva (io ero fra questi), ci attendevano macchie di pini marittimi, ma la vegetazione non era molta, il sottobosco ghiacciato o umido, se coperto, attentava alle nostre caviglie con acquitrini nascosti da foglie lacerate. Qualcuno imprecava. Conosco corridori a piedi che assolutamente preferiscono l'asfalto, beati loro. Perché beati loro? Perché ce n'è talmente tanto che possono essere soddisfatti sempre. Ma a Staffoli te ne danno il minimo indispensabile, meno male.
Nel parco ci faceva compagnia il sottobosco di corbezzoli, eriche, ornello e cerro, ascoltavo il mio respiro e nell'aria aspettavo la presenza di qualche uccelletto, tipo fringuelli o ghiandaie, mi incuriosiva di incontrare un gruccione (ma che uccello sarà?) mentre volevo sapere perché l'upupa viene chiamato dal poeta "ilare uccello". Certamente il freddo e l'alba ancora aveva scoraggiato questi miseri uccelletti e forse in giro si potevano sentire i voli di rientro dei notturni barbagianni o dei gufi e magari in alto, nel cielo terso, lo sguardo indagatore di una poiana.
Un gruppo di "spensierati", armati di pennato e attrezzi vari ci venivano incontro già tracciando i loro sentieri nel Parco per la bellissima Maratonina del Carnevale del 4 gennaio a Santa Croce sull'Arno. Chi ha tempo non aspetti tempo, come diceva la "pora nonna" di Giuliana, e fa piacere che qualcuno, pensando a noi, già lavori ora per allora.
Le torrette di avvistamento nelle radure improvvise sapevano di vecchio e di "non usate". I bei viali erbosi che ci riportavano verso Staffoli, dopo il parco Robinson, ci rituffavano nel basso e laghetti nebbiosi ci apparivano nella loro silenziosa solitudine. Gli uccelli acquatici, la cercata folaga o il bozzoletto e il reale germano dovevano barcamenare il loro vivere in qualche luogo palustre almeno più tiepido, magari anche rischiando una pallottola dopo un rumore assordante.
Pensavo ai cinghiali e gli altri animali del parco: fanno dell'odorato il loro primario senso per individuare, seguire, cercare, fuggire. Immaginate cosa soffriranno gli animali del Parco dopo che per una mattina mille persone, sudate, con deodoranti più o meno profumati, con i panni lavati con detersivi diversi, capelli che trasudano i loro shampo, scarpe che lasciano negli acquitrini una parte della loro sporcizia, quali e quanti odori troveranno lungo il loro sentiero che non riconosceranno.
L'arrivo era ormai a portata dei nostri passi che il continuo salire e scendere aveva reso stanchi. Una piccola porzione di farro in brodo di fagioli riscaldava la nostra gola e tornavamo a casa fra i mille auguri dei quali abbiamo tanto bisogno.
Un saluto e un ringraziamento all' AVIS di Staffoli che è entrata con baldanza nel calendario del comitato Pisano: complimenti per tutto, siete stati bravissimi. Un saluto a tutti gli Acconci.
Andrea Bartalesi