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LO SGUGHI - SESTA PUNTATA

10/08/2020

a cura di Andrea Bartalesi

Ed eccoci alla Sesta puntata.

Non ho ricevuto messaggi, speriamo che qualcuno di voi legga questa storia che non è solo di un piccolo Comune della Piana Lucchese, ma in molti casi, di un periodo storico, pieno di vigoria e di speranza.

 

 

°°°BURASCHINO, L’ASSICURATORE
Ho lasciato Angelo con quella sorta di dispiacere che si ha ad interrompere
un discorso, una chiacchierata piacevole con una persona amica
dove i ricordi scorrono senza intoppi, come un fiume che non ha intralci
sulle proprie sponde.
E quasi sulla porta mi regala un’altra primizia della storia porcarese.
- Ricorderai come Buraschino, il fratello dello Sgughi, fosse stato picchiato
all’uscita dal bar di Gemma di Ventura... ebbene lo trovammo
io e Bruzio, ti ricordi di Bruzio? -
Certo, lo zio del dottor Corrado di “Dino di Corrado”, era fratello di Ida
di Cocciori... non è molto che è morto. Era minuto, dicevano che alla
nascita lo avessero messo in una scatola da scarpe tanto era piccolo...
- Ecco, Bruzio ed io preparavamo insieme esami universitari e lo facevamo
la notte, a casa mia, ma molto più spesso a casa sua, nella villa
davanti il Precisi, subito dopo il Collegio Cavanis. Quella sera, come
d’abitudine, arrivati all’una di notte, facemmo una sosta e andammo
dal Pretore, al forno, a comprare una focaccina. Il forno a quei tempi
era in via del Municipio: si entrava nel negozio d’alimentari, poi un
corridoio ci portava al forno. Comprammo la focaccia e uscimmo per
ritornare a casa di Bruzio. Eravamo in Via Roma poco dopo il Bar di
Gemma di Ventura e vedemmo arrivare nel buio due figure. Una di
queste, passando velocemente, ci disse;” hanno picchiato Buraschino”
e senza fermarsi, tutti e due, sparirono. Noi restammo allibiti e arrivati
davanti il cancello del Cavanis, sulla sinistra, vedemmo il suo corpo
con le gambe distese e il busto appoggiato al muretto e la testa piega-

ta sulla spalla. Demmo l’allarme e restammo convinti che a picchiarlo
fossero stati proprio quei due che avevamo incontrato. Sicuramente
era un evento collegato con il bar di Gemma di Ventura. Ci giravano
troppi soldi e donne equivoche.
Ma la cosa che volevo raccontarti accadde dopo, perché durante il
processo fummo convocati, eravamo gli unici testimoni. Raccontato
tutto, il giudice si fermò un attimo, si rivolse a noi e ci disse:
“E voi due, cosa ci facevate a giro all’una di notte?”
“Eravamo andati a comprare una focaccina, Vostro onore” dissi io e
Bruzio aggiunse “una focaccina”.
Il giudice rimase un attimo serio e ci scrutava poi a un tratto:
“Ma che razza di paese è Porcari dove la gente all’una di notte va a
comprarsi le focaccine?”
Altri tempi. -
Tornerò a trovarlo e parleremo ancora del Coro, lui che ne è stato direttore
proprio in quegli anni. Angelo aveva studiato musica, colto, era
un giovane emergente, Giuseppe Della Nina, attuale direttore, gli faceva
da organista. Rimangono legati da un’amicizia indissolubile. Anche
Giuseppe Della Nina era sul ponte dell’autostrada a veder passare lo
Sgughi e il Fanini.
Poi Angelo, anche lui, seguì i suoi sogni che lo portarono a vivere una
sua vita, ma sempre è rimasto ancorato a queste radici di un paese
strano, che la mattina si sveglia, da sempre, nell’ombra di una collina

 

A PORCARI LA GENTE S’INCONTRA PER STRADA
Ho incontrato Giovanna Carmignani.
«Giovanna tu conoscevi bene lo Sgughi...»
Quanti anni, certo che conoscevo lo Sgughi, in casa mia poi, con mio
zio Luigi che era presidente della squadra ciclistica di Porcari che si
chiamava Poggiocaro, quando correva, l’altro mio zio Mauro vuotava
il furgone con il quale andava a raccogliere il latte e ci montavamo
tutti sopra.
«Sai perché lo chiamassero lo Sgughi? E se i fuochi per lui quando furono
fatti?»
(sorride) - No, sono passati così tanti anni. -
Certo, ma a volte la vita mette insieme le cose in modo che, collegate, si
ricordano anche fatti che al momento sembrano banali.
«Tu lo consideravi un buono o un cattivo?»
- Fondamentalmente un buono, un uomo travolto dagli eventi, da cattive
scelte fatte, ma dentro era uno sciagurato “buono”. Lo incontrai
una diecina di giorni prima che si ammazzasse, era tornato di galera
per uno dei suoi tanti “casini”, stava male fisicamente e mi disse che
dire alla gente che si sta male la si fa godere, ma lui non metteva più
insieme l’asso con il tre. -
(Ho interrogato il Dizionario universale della lingua italiana e insieme
di... di Carlo Ant, Venton - Tomo primo - che dice “Quando si vuol indicare
gran tristizia e astuzia in uno, essendo i tre assi il peggior punto
che vi sia giuocando con tre dadi...)

- E poi lui amava Porcari. Una volta mi disse “Di Porcari ne voglio dir
male io finché mi pare, ma gli altri no, non ne devono parlar male”. -
E Giovanna, che non ha avuto dubbi su come fosse morto Ugo, se ne
va ricordando che aveva tutte le assicurazioni con suo fratello, Felice,
detto Buraschino e come questo avesse rimediato anche a errori di altri
in precedenza. Certamente la figura di questa donna, così giovanile, fa
parte dei nostri paesaggi. Ricordo quando nei primi anni cinquanta io
passavo per andare in Chiesa, chierichetto, lei, ragazza, giovane come
ora, mi salutava, chiamandomi bimbo.

LICIA DI PAOLINO
Licia siede elegantissima a un tavolinetto della Pasticceria Toschi. Elegante
come la Regina Elisabetta, ma non ha il cappello. Quella ricercatezza
che porta, sembra far parte di lei, del suo modo di non essere più
giovane.
«Licia tu che ricordi tutta la nostra storia cosa mi puoi dire dello Sgughi?»


- Niente, perché vuoi parlare dello Sgughi? Era un ignorantone. -
«Ho parlato con Angelo - aggiungo per dare un motivo alla chiacchierata,
pensando di portarla sull’argomento - mi ha detto che abitava lì
davanti, io mi ricordavo che stava sopra l’officina...»
- Stava lì, oltre la strada, ma è stato anche a casa mia in Vicolo
Toschi, poi ricavarono un appartamento qui sopra e si trasferirono
definitivamente. Io li invidiavo. Giovanna, Tatiana e Angelo. Avevano
tre nonne e io non ne avevo nemmeno una. Io agli altri invidiavo le
nonne. -
«Ma come tre nonne...»
- Sì, tre, perché c’era anche una sorella della nonna, una zia, che viveva
con loro. Avevano tre nonne.
Venivano da Viario, dove abitavano e portavano ai nipoti le “marie”,
sai quei biscotti, ci sono ancora, ma allora erano sciolti. Io invidiavo
le nonne.
C’era Nina di Rocco, una vecchietta, che filava la canapa alla rocca,
poi aveva il telaio, ci tesseva dei panni, abitava con Rocco, il marito,


in una casetta in una corte dietro quelli del Fabbro, una casina, una
stanza a pian terreno, cucina, ci mangiavano e ci lavoravano, poi salivano
le scale e avevano la camera di sopra. Era la zia di Michele del
Bozzo. Io ci andavo spesso e le portavo i “baruffi”. Erano i rocchetti di
filo “abbaruffati” della Cantoni, si pagavano meno. Una volta mi fece
una rocca per filare, visto che andavo sempre a vederla. Io avevo paura
di mia madre e l’avevo nascosta e provavo di notte in camera mia.
Siccome i miei genitori dormivano sotto di me, un giorno mia madre
disse “Dobbiamo dire delle preghiere per le anime del Purgatorio, sono
già diverse notti che sento dei rumori strani”.
Ero anche dispettosa, alla Nina gli crescevano i peli della barba e io la
chiamavo baffona, ma tanto era sorda.
C’era tanta miseria ma in casa mia stavamo bene. Mi ha allevato
Emmina di Pelle. Era una donnina di Pacconi, piccina, buona. Era
venuta da mio padre Paolino per chiedere se aveva una coperta che gli
avanzava, dormiva in una casa che aveva le finestre con le nottole,
con gli scuri fermati con le nottole, non avevano i vetri e la notte c’era
un freddo cane. Mio padre gli disse: Emmina ma non lo sai, mi è nata
una bimbina (quella bimbina ero io) e la mi’ moglie è occupata tanto,
vai, parlaci, vedrai che ti trova da fare qualcosa. -
La dolcezza con la quale ha detto “quella bimbina ero io” e subito dopo
“era il 20 dicembre” mi ha quasi commosso, c’era in quelle espressioni
tutta la gioia della nascita e della consapevolezza della contentezza
d’esser genitori.
Emmina di Pelle era la sorella di Letizia e l’ho conosciuta anch’io.
Licia sembra che abbia trasformato la sua vita in una palestra dove
esercitare i suoi ricordi, e farne un vanto. Una palestra dove mostra al
mondo i suoi esercizi ginnici di memoria.

°°°

con la prossima puntata la sfida con il FANINI