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A ROMITO UNA PASSEGGIATA FRA BOSCHI E GOCCE DI ACQUA di Andrea

08/07/2019

a cura di Andrea Bartalesi

Le gocce d'acqua, dopo la deviazione e sul percorso di 18 km, ci colpivano come sasselli sui rami di quercia. Sembrava che il Padreeterno ci mirasse e ci sparasse gocce gelide (forse perchè ero io sudato e "abollore). Non proprio sparasse ma cascando, prima di andare a intrufolarsi fra la polvere preferiva le mie spalle e mitigavano quella gioia che l'acquazzone improvviso d'estate (e senza tuoni e fulmini) ti dà.

Il percoso, che già conoscevo, e bello. Quasi francescano, povero, boschi e sentieri, stradette asfaltate. Solo la visita, fugace a due borghi, come chiese, prima Treggiaia e poi MonteCastello. Si entra come di soppiatto anche se a MonteCastello suonavano le campane, prime le ore e poi a festa, quasi qualcuno ci avesse visto arrivare e di vedetta com'era avesse dato il cenno al campanaro. Un percorso che ti faceva pensare e riflettere. Infatti mi dicevo che se noi, podisti o corridori, riusciamo a pensare e parlare e ricordare nel nostro moto, con il sangue che viene richiamato TUTTO e anche di più dalle gambe e quindi il cervello è in deficit, quando poi siamo rilassatie tranquilli con il sangue blu, magari un po' polveroso che gira e si ferma quasi ospite nella nostra materia grigia, i pensieri, i ricordi, devono venire più fluidamente che a non normosedentariopoltronaro. E' un po' come fare le ripetute al cervello. Ma chissaà...

Già arrivando mi ero fermato in Padule sulla bientinese per una visita improvvisa di una mongolfiera su campi di girasoli...

Ecco alcune foto...

 

il colore, la forma e il luogo mi hanno ispirato questa fiorescenza di carciofo

guardate strana...una capanna o un vecchio casolare ricoperto interamente di erba

grano maturo arruffato...mi ricorda quando le parole mi chiedevano di essere messe in fila indiana...

 

GRANO MATURO

 

Noi,

arruffatori

di grano maturo,

cerchiamo,

in quello sbiadito

dei papaveri isolati,

il rosso

dei nostri sogni

che defintivamente

se ne sono andati.

 

ABartalesi

Da notare che i papaveri non c'erano...troppa secchina

ci rituffiamo nel sentiero aspettandoci di incontrare un lupo da ammansire e parlarci..

e al suono delle campane ci appare Montecastello che come mi diceva Roberto...se si chiama Montecastello vuol dire che sta in alto, altrimenti si sarebbe chiamato Castello...non fa una piega.

e le colline verso San Minitao si perdono nel cielo scontroso..

anche il santuario della Madonna di Ripaia e se avete tempo e siete curiosi eccovi un po' di storia e curiosità del luogo

 

Il Santuario della Madonna di Ripaia è stato costruito il 7 marzo 1283. E’ situato su un colle alto 148 metri. Dall’alto, la dolcezza del panorama fa spaziare la visione tra i monti di Livorno e gli Appennini e il mare.

 

L’architettura odierna della costruzione risente dei vari influssi che si sono succeduti, dopo l’originaria costruzione romanica.

 

All’interno del Santuario e’ conservato il dipinto su tavola di una Madonna con Bambino, con ai lati i due santi Lorenzo e Bartolomeo insieme a due Angeli. Originariamente stato attribuito alla scuola di Giunta Pisano, studi successivi però fanno appartenere l’opera al Maestro di San Torpe’, inizi del XIV secolo.

 

E’ grazie a questo dipinto e al suo ritrovamento che si accende, però, la venerazione popolare della Madonna del nostro Santuario. Una storia di cui esistono due versioni, entrambe figlie di una venerazione popolare che riportiamo integralmente:

 

 

 

Prima versione:

 

 

 

‘’… mentre alcuni agricoltori stavano arando il terreno nella valle del Rio Lama, torrente che separa il confine fra Treggiaia e Montecastello, fu rinvenuto un quadro con l’Immagine di una Madonna.

 

Non sappiamo bene, come, ma subito ne nacque un dissidio fra le parti perche’ tutte e due le fazioni ne pretendevano il possesso. Fu stabilito di affidare il caso ai giovenchi (coppia di Buoi, usati per i trasporti, ma sin dall’antichità romana usati per tutte le cerimonie Sacre NDA). Il quadro venne caricato su una Treggia, e dove i quadrupedi si sarebbero fermati, li’ sarebbe stato collocato….”

 

 

 

La seconda versione invece dice:

 

 

 

“… Alcuni agricoltori di paesi diversi trovandosi presso il torrente Roglio a dissodare il terreno, trovarono sulla ripa un quadro nel quale era ritratta l’effige di una Madonna. Subito ne nacque una lite per reclamare la proprietà. Alla fine convennero di portarlo nella chiesa piu’ vicina: a Treggiaia. Li’ rimase, non sappiamo per quanto tempo, poi spari’. Venne ritrovato dopo diversi anni da alcuni uomini di Montecastello, ma i Treggiaioli, appena saputa la novità, si precipitarono per reclamarne il possesso. Dopo una lunga discussione venne deciso di affidarsi al caso. Legarono il quadro ad un giogo dove erano attaccati due giovenchi, e dove questi si sarebbero fermati, lì sarebbe sorta la Chiesa. I quadrupedi si inginocchiarono proprio sul colle della Madonnina, e da allora l’immagine fu detta di ‘’Ripaia’’. Che prende il nome da ‘’ripa’’, ovvero argine.’’

 

 

 

Probabilmente, il quadro era veramente il fulcro di un primissimo culto popolare, antecedente all’innalzamento del complesso cultuale ora esistente. La forma originaria della cornice del dipinto, infatti, suggerisce che all’origine l’immagine, fosse esposta fuori dal complesso cultuale, perché la cornice superiore era protetta da delle asse di legno che lo difendevano dalle interperie.

 

 Nota che mi scappa: Certamente questi buoi si saranno rotti. Era proprio di moda affidare a loro le scelte. Anche la Santa Croce di Lucca, il Volto Santo, si narra fosse caricato su un carro con i buoni a Luni e affidarono a loro, i buoi, se andare a Lucca o a Pisa (che si contendevano il reperto). I buoi OVVIAMENTE scelsero LUCCA.

 

Ma torniamo alla marcia. Cosa c'è di meglio di una vaschetta di pastasciutta condita con un pomodoro con soffrittino di scalogno?

 

ANDREA BARTALESI