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A PIEGAIO CONVALLE PER SOSTITUIRE L'INVIATO

12/08/2008

a cura di Andrea Bartalesi

A PIEGAIO-CONVALLE A SOSTITUIRE IL NS. INVIATO

Sulla strada priva di macchine, Daniele dice che siamo in anticipo, stamani, qualcuno a bordo ride per l'illusione: infatti troviamo un mega ingorgo negli indicati parcheggi. Chi deve venire via da Convalle trova il muro di coloro che cercano un fazzoletto dove lasciare la macchina. Un fazzoletto, ma bada bene, che sia vicino, vicino alla partenza.

Gino, il nostro Presidente, visto che anche io e Claudio partiamo subito, dice che se continuiamo così bisognerà accendere la pila per vedere dove mettiamo i piedi il prossimo inverno. Ed ha ragione. Lui è abituato a partire mezz'ora prima di noi e quando noi non gli diamo questo lasso di tempo, pensa che la prossima domenica dovrà arrivare ancora prima. Alle prime luci dell'alba. Ma il caldo di questi giorni ci giustifica e non sappiamo cosa ci aspetta lassù, perché stamani andiamo "lassù". Non so come ci si chiami, ma quando ci saremo, saremo lassù.

Un fresco tratto con attrezzi, un chiaro percorso "vita", maniglie si muovono non per il vento, ma perché qualche novello atleta ci si è appena staccato. Ci resta poco tempo per vedere la bellezza di vecchie case che subito cominciamo la salita. Subito ti si presenta per quello che è, nessuna illusione, sarà anche asfaltata per un lungo tratto, ma dura, che se fosse di più rischieremmo di ribaltarci. Il bivio di Piegaio Alto, sulla destra, ci vede passare ed ascolta i nostri respiri affannati. Qualcuno ci riprende con una lena da invidiare, qualcuno va al passo ma con dignità. Ci sono delle acacie (ma perché l'hanno chiamate così e non "agacio" così semplice da dire), tornanti ci permettono di vedere che pur arrancando, saliamo. Vediamo le mille maglie a righe dell'Atletica Porcari, Cinzia e Massi con la loro simpatia, lo Sgherri GianLuca (il nostro, non quello di Santa Croce) particolarmente pimpante, Narciso. Ci passano Stefano, Andrea, Bruno e Angelo che vuol prendere un bel vantaggio sulla moglie perché in discesa...., Luigi è poco dietro di noi, come il Capitano, il Giomi, Daniele e il Matteucci. Ma dopo due borgate strette e minute ci troviamo una chiesa e l'ultima rampata che ci porta a Pescaglia. Ristoro. Cocomero. E' meglio però bere solo dell'acqua.




C'è tempo per il cocomero. Un assembramento di maglie del nostro gruppo nella piazza del paese fa bella mostra di se, saluti, ciao, ciao, si comincia a salire l'acciottolato e i larghi scalini dentro il borgo. E' dura, qui vado proprio al passo. Non c'è ma che tenga.
Si riprende la strada, la Tana del Lupo, un locale che non sappiamo se sia in disuso o mai usato, ci aspetta sulla sinistra, quasi che dentro ci sia solo il lupo. Claudio fa l'elastico, va e poi mi attende, classico giochino che ti finisce, se abbocchi. Non lo fa apposta, ma ti finisce lo stesso. Lo lascio fare. Mi si affianca un podista che viene su bene, mi guarda e mi fa "Eh non ti ricordi di me!? Son passati tanti anni": Lo guardo, non lo riconosco, non per il suo aspetto che sicuramente non è cambiato, ma per l'assommarsi di volti e se devi ricordarli tutti qualcuno lo devi pur dimenticare (mi illudo per non dire che la memoria ecc. ecc.). "Cesano Boscone. Maratona. 1991. Millenovecentonovantuno! Non me lo ricordo, ma c'ero. Certo. Che bello, ricordi? C'erano 5 gradi la mattina.... E la nebbia.... Ma poi si alzò il sole. (Io a Cesano ci sono stato nel 92 per la storia). Son di San Romano, sai vicino a San Miniato... Quanti anni! Quanto ci mettesti ? Tre e quindici. Io tre e ventidue, andavi più forte di me, dico io. Tu sapessi quanti anni sono che corro, figurati è dal 1981. Non ti dico io se no ci resti male.
Sta un po' con me, ma poi come è arrivato se ne va.

  

Mi resta il fido Colarusso che letteralmente mi aspetta. Claudio fa delle apparizioni, tipo santo dispettoso. Passa l'Anto, (ce l'ha scritto sulla maglia) quella del Massa e Cozzile che porta il palloncino dell'ora e quaranta alle maratonine e, "natadancane un' ce la faccio mai a ripiglialla". Penso alle Olimpiadi, c'è da far passare il tempo, la salita è lunga e non da tregua. Penso a quelle che sembrano le prime delusioni, un argento nel ciclismo pare poco. Aspettiamo sempre un super atleta, uno che ha la testa circondata da un'aureola di luce, un essere unico, che li batte tutti. E lo vogliamo in tutte le discipline. Un grande rappresentante del genere umano italiano. Superdotato. Poi, regolarmente, e meno male, ogni tanto la delusione ci prende alla gola e ci troviamo a sentire il vento dell'illusione del pallone gonfiato (lasciamo perdere con cosa) che, scoperto, si sgonfia. Io vorrei che d'ora in avanti ci fossero atleti normali che per un pelo, e magari con un po' di fortuna, riescono a vincere. Sono stufo di sognare dietro ai super. Ricordo che l'altro giorno parlavo con un bimbetto, meno di cinque anni, voleva una storia, gli stavo raccontando dei Pirati, divisione Corsari, tipo quello Rosso o Nero, il padre della famosa Jolanda, insomma gli stavo dicendo di questo ometto con i baffi, il cappellaccio con il teschio davanti, una benda sull'occhio (perché?, perché glielo avevano levato in battaglia) una gamba di legno (perché? Perché gliela avevano tagliata in un'altra battaglia), un uncino alla mano destra (ecc.) e una sciabola nella mano sinistra, dimenticavo, un coltello fra i denti, che stava urlando alla ciurma, non mi domandate come faceva, all'arrembaggio! Lui mi guarda, interessato, e mi domanda quali poteri avevano i Corsari. Capito? Quali poteri! Certo, abituato ai power ranger o ai gormiti, anche i Corsari per essere qualcosa da raccontare dovevano avere dei poteri. Allora mi presi un attimo di pausa del racconto e gli dissi che nel mondo reale non esistono i "poteri", quelli esistono nella "fantasia" e mentre i Gormiti sono personaggi inventati e quindi possono avere tutti i poteri e così io che invento un personaggio mi diverto a dargli questo e non dargli quello, come per l'Uomo Ragno o per Superman. Ma i Corsari sono esistiti davvero e quindi erano uomini normali, con magari più coraggio degli altri o più povertà o disperazione o riuscivano a soffrire più degli altri. Queste erano le differenze fra di loro che permettevano ad uno di vincere e a l'altro di non vincere. A uno di rubare il tesoro di un galeone spagnolo (rubavano ai ladri, ma erano pur sempre ladri) ed a un altro di farsi amputare una gamba o un braccio e di finire in qualche locanda a raccontare di quando era giovane, e bugie giù a gogò. Il bimbetto mi guardava e sembrava di aver compreso. Ecco io vorrei degli atleti così, senza superpoteri. Poi in questi giorni mi hanno detto che anche l'Achille (bisogna imparare a parlare lombardo, non si sa mai) sai il Pelide?, quello dell'ira funesta, l'Iliade di Omero, quel bugiardo, oddio, vabbè era cieco, insomma l'Achille pare fosse alto appena un metro e mezzo. Vi immaginate quale ira potesse sprigionare così che "tanti lutti addusse agli Achei"? L'Achille alto un metro e mezzo!?

Scusate la divagazione, ma intanto siamo quasi al passo dove ci aspetta il cocomero. Il Prana stagliato contro il cielo sereno, a sinistra,

 

 

 il Piglione davanti a noi, con la sua croce lucida in cima. Piglione, non Piglionico che è oltre le Panie. Sono stanco, la salita è stata impegnativa, ma quello che importa è che è finita.

 

 

Ora posso mangiare il cocomero. Parto sputando semi per il sentiero illudendomi che l'anno prossimo salteremo fra verdi cocomeri. Nel tratto di falsopiano ci sorvegliano uomini dell'organizzazione con ricetrasmittenti, bravi!, pensiamo io e i miei amici, buon giorno e grazie. "Pilloli" si annidano sotto la poca erba attentando ai nostri "scampucciamenti", si comincia a scendere. Prima, in salita, dovevamo vincere la gravità, ora in discesa, regolarla, dominarla, controllarla. Mi diverto.
Alcuni che erano passati in salita, ci aspettano su un ciglio per farci passare. Bello scendere, con attenzione, le scarpe hanno i giusti tacchetti, sento che frenare mi è facile. Ritrovo l'amico di Cesano, l'Anto e così via. Alla chiesa di Convalle Angelo. Bruno e gli altri.
Attraversiamo il paese, nei suoi andirivieni un amico, che non nomino, trova il modo di tagliare. Me lo trovo d'avanti. Non mi aveva visto passare (beveva al ristoro) e così fa la "parte". Bravo!
Quel pezzo di pianura finale serve per allungare le gambe e per far trovare la giusta posizione ai piedi. Grazie agli organizzatori. Un bel ristoro, all'arrivo, i mitici calzini che aspettiamo tutti gli anni, cocomero e pane con il lardo, per chi aggrada.
Alberto, un amico che corre con l'AIG di Livorno, parlando, mi dice "Come tu sai io parlo poco." "Io starei una giornata a sentire chi parla poco!" rispondo. Alberto persone come te fanno bene al podismo. Vorrei che tu, quel poco che tu dici, tu ce lo mandassi così che possiamo condividerlo con te sul nostro sito.

 

Anche la bionda mamma volante garfagnina (Piazza al Serchio che corre nel Gallicano) (ma se sapessi il nome non farei prima?) mi dice di aver visto la sua foto sul nostro sito. Sono contento. Mi piacerebbe che questo spazio fosse un luogo dove incontrarci.
E' stata proprio una bella mattinata. Come è stato bello vedere Fabio Casanova che dopo tante peripezie finalmente porta a termine la lunga. Per la cronaca 16 km e mezzo, ma impegnativi. In cima alla salita km 10.6. Dislivello numerico 608 (partenza 280 in cima 888).
Speriamo che torni Fausto, molto più coinciso di me, ma anch'io dovevo pur divertirmi. No?

Andrea Bartalesi